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Separazione per deviazioni e perversioni sessuali del marito

deviazioni e perversioni sessuali
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Separazione per deviazioni e perversioni sessuali del marito

E’ possible annullare il matrimonio oppure chiedere la separazione se il coniuge pretende continui rapporti anali?

La Corte di Cassazione (Cass. civ. 12-02-2013, n. 3407) ha recentemente affrontato il caso di una donna esasperata dai rapporti sessuali a suo dire innaturali cui la costringeva il marito: in particolare, la moglie voleva annullare il matrimonio contratto perché, solo dopo la celebrazione del matrimonio, il marito le aveva imposto continui rapporti anali e contro la di lei volontà.

Importante notare come nella fattispecie, i coniugi per loro scelta, non avevano intrattenuto una vita sessuale nella fase antecedente alle nozze. Essi si erano trovati a scoprire, quindi, solo dopo, le diverse tendenze e sensibilità, anche dal punto di vista intimo.

Il marito si era rivelato un uomo dal comportamento violento e prevaricatore, con tendenze sessuali e atteggiamenti violenti che, se conosciuti in precedenza, avrebbero sicuramente indotto la moglie a rifiutare ogni ipotesi di matrimonio.

Tribunale e Corte d’Appello di Ancona avevano ritenuto infondata la domanda di annullamento del matrimonio per anomalie sessuali / deviazione sessuale del marito ex art. 122 c.c. comma III, così la donna ha deciso di ricorrere sino in Cassazione.

Fra i quesiti posti alla Suprema Corte la moglie ha chiesto: “se la continua pretesa di rapporti anali da parte del coniuge, scoperta dopo le nozze, ed esercitata, sull’opposizione dell’altro coniuge, con la violenza, concretizzi quella devianza sessuale, di cui all’art. 122 c.c., comma 2, motivo di annullamento del matrimonio, pur se in presenza di sporadiche copule naturali;”

In sostanza, il marito obbligava la moglie alla pratica del sesso anale, anche ricorrendo all’imposizione fisica al fine di prevaricare la moglie che, così, era costretta ad assecondare le di lui richieste.

Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di appello avevano correttamente inquadrato il caso, circoscrivendo in termini molto rigorosi la sfera di applicazione dell’art. 122 c.c..

Il punto fondamentale era stabilire se le pratiche cui il marito sottoponeva la moglie potevano essere inquadrate come anomalie sessuali o deviazioni sessuali tali da inficiare, poiché sconosciute prima del matrimonio, la validità del vincolo stesso.

Come correttamente rilevato dalla Corte, poche sono le cause di annullamento del matrimonio per anomalie o deviazioni sessuali ex art. 122 comma III: fra queste vi sono le ipotesi in cui l’errore del coniuge aveva avuto ad oggetto la condizione di impotentia coeundi – cioè l’incapacità al rapporto sessuale –  permanente del coniuge, o il suo transessualismo.

Nel caso capitato dinanzi alla Corte di Cassazione, invece, ciò che emergeva dalle carte era indiscutibilmente una inadeguata preparazione al matrimonio da parte di marito e moglie, da intendersi come “adeguata conoscenza della personalità del futuro coniuge, anche in relazione alla fondamentale prospettiva di una condivisione della propria vita sessuale.”

Secondo la Corte, alla base della impossibilità di protrarre l’unione coniugale non vi era una particolare fisionomia sessuale del marito, ma la sua incapacità di concepire i rapporti sessuali con la moglie in termini di condivisione del piacere erotico e della affettività.

L’insostenibilità dell’unione, come prospettata dalle inclinazioni sessuali dell’uomo, non viziava tuttavia il consenso all’origine, ma consisteva nel risultato del mancato accordo relativamente alla conduzione della vita coniugale, circa l’aspetto più intimo dell vita sessuale.

Quindi non era possibile l’annullamento del matrimonio per vizio del consenso derivante da errore sulle qualità essenziali del marito – anomali o deviazioni sessuali – ma al più poteva determinare la separazione per deviazioni e perversioni sessuali del marito, con addebito allo stesso per aver determinato l’intollerabilità della prosecuzione dell’unione coniugale.

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