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Impedisce al padre di vedere la figlia per impegni di lavoro: assolta.

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Fino a che punto si può sanzionare il comportamento del genitore che impedisce le visite dei figli con l’altro genitore?

La Cassazione, con la sentenza n.23274/2010 ribalta le pronunce di condanna del Tribunale di Taranto e della Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, che aveva condannato l’ex moglie che non aveva ottemperato al provvedimento del Tribunale dei Minori e aveva ridotto il numero delle visite del padre.

Impedire o limitare le visite dei figli con il padre può essere considerato un reato.

Perché?

Perché qualora le visite siano previste per iscritto all’interno di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, cioè il Tribunale, il fatto di impedire le visite del padre può esser considerato inottemperanza ad un provvedimento giurisdizionale.

Il nostro Codice Penale, infatti, contiene un articolo che punisce con la reclusione fino a tre anni o della multa da 103 a 1032 euro chiunque eluda l’esecuzione di un provvedimento del Giudice Civile concernente l’affidamento dei minori o di altre persone incapaci (art. 388, comma 2, c.p.).

Questo significa che in tema di separazione personale dei coniugi – e di divorzio –  i provvedimenti del Giudice inerenti l’affidamento dei figli e il diritto di visita del genitore non affidatario devono essere rispettati, soprattutto perché il mancato rispetto di tali provvedimenti comporta conseguenze penali.

L’art 338, comma 2, c.p. in tema di affidamento dei figli utilizza però il verbo “eludere” volendo specificare che il comportamento di chi non osserva il provvedimento del Giudice deve essere voluto. Afferma la Cassazione “[…] il concetto di elusione non può equipararsi puramente e semplicemente a quello di inadempimento, occorrendo, affinché possa concretarsi il reato, che il genitore affidatario si sottragga con atti fraudolenti o simulati, all’adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole, appunto, attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede o non riconducibile a una mera inosservanza dell’obbligo”.

La madre impedisce al padre le visite con il figlio, sancite a seguito di divorzio, per essere condannata, deve, quindi, porre in essere atteggiamenti volutamente non collaborativi, comportamenti simulati per ostacolare e circoscrivere il diritto di visita del padre.

È sulla base di questo principio che la Cassazione ha ribaltato la condanna.

La madre fin dal giudizio di primo grado aveva fatto presente che la riduzione degli incontri padre-figlia era dovuta agli impegni lavorativi. La madre però aveva anche proposto una soluzione alternativa all’ex marito: al posto dell’incontro con la bambina presso il consultorio familiare aveva proposto di fare l’incontro un pomeriggio presso la propria abitazione.

Il Tribunale prima, e la Corte di Appello poi, hanno quindi applicato un principio scorretto, paragonando l’inadempimento tout court del provvedimento del Giudice dei Minori al comportamento elusivo, che come spiegato richiede una maggiore consapevolezza e volontà da parte di chi non sta osservando il provvedimento.

L’ex moglie è stata quindi assolta dall’accusa di non aver ottemperato al provvedimento del Giudice civile inerente l’affidamento del minore.

I motivi di lavoro e l’aver offerto alternative hanno dimostrato inconsistenza dell’accusa di comportamento fraudolento o elusivo da parte della ex moglie che ha comunque rispettato e cercato di garantire il diritto di visita del genitore non affidatario.

Luca B. Marsiglia
Studio Legale Marsiglia
Avvocato stabilito c/o l’Ordine degli Avvocati di Milano
Specializzazione: avvocato penalista di famiglia

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