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Tempesta la ex compagna di telefonate per vedere il figlio: “non è stalking” dice la Cassazione

Tempesta la ex compagna di telefonate per poter vedere il figlio
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PROFESSIONE PAPÀ: NON È STALKING CHIEDERE CONTINUAMENTE ALL’EX COMPAGNA DI POTER VEDERE IL PROPRIO FIGLIO
Fino a dove può arrivare la voglia di un papà di vedere il proprio figlio?E’ ammissibile il comportamento del padre che tempesta la ex compagna di telefonate per poterlo sentire e stare con lui?

Questo fatto di cronaca ci racconta di un papà milanese che dopo la separazione dalla compagna e prima della decisione del Tribunale, in merito al diritto e alla modalità di visita del minore, tempestava l’ex compagna di messaggi e telefonate per riuscire a trascorrere del tempo con il bambino.

L’ex convivente non tollerava il comportamento assillante del padre del bambino tanto da sentirsi quasi perseguitata. Infatti procedeva a querelare l’ex compagno per stalking.

Il procedimento, iniziato dinanzi al Tribunale di Milano, si concluso in Cassazione con un esito positivo sia per il padre, sia per il minore. Inizialmente, infatti, il Tribunale ha affermato che il comportamento assillante ed insistente finalizzato ad avere la possibilità di vedere il proprio figlio non è configurabile come stalking ai sensi dell’art 612 bis del codice penale, non sussistendo gli elementi caratteristici del reato.

Per configurarsi il reato devono esserci “condotte reiterate” nel tempo con le quali lo stalker “minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura”, oppure condotte che possano generare “un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”, o infine comportamenti tali da “costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Il Tribunale di Milano, dunque, esclude il reato di stalking ma riqualifica il fatto e condanna il padre per “molestia o disturbo alle persone” ai sensi dell’art 660 codice penale.

L’ex convivente ricorre in Cassazione, dove, con la sentenza n.22152/2015 viene finalmente affermato che il comportamento dell’ex convivente, volto esclusivamente all’esercizio del ruolo di padre e al mantenimento di un rapporto costante con il proprio figlio, non è qualificabile come reato. A supporto dell’esclusione della rilevanza penale la circostanza della sensibile diminuzione delle telefonate e degli sms una volta intervenuta la decisione del Giudice in merito al diritto di visita. I ripetuti tentativi di contatto posto in essere dal padre non erano finalizzati a creare disagi o molestia all’ex convivente, ma esclusivamente ad avere notizie del figlio minore, allo scopo di poterlo incontrare, esercitando in tal modo i propri diritti di genitore.

Per questo motivo non è configurabile alcun tipo di condotta a rilevanza penale, né da inquadrare all’interno dell’art. 660 cp “Molestia o disturbo alle persone” in quanto assente il “fine specifico di interferire inopportunamente nell’altrui sfera di libertà”; né tantomeno il più grave reato di “Atti persecutori” ex art. 612 bis cp laddove il comportamento del padre era esclusivamente giustificato alla volontà di vedere il proprio figlio.

Luca Biagio Marsiglia – Penalista a Milano