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Violenza sessuale tentata e violenza sessuale consumata: le differenze

violenza sessuale tentata
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Qual è il discrimen che esiste tra la consumazione effettiva del reato e il solo tentativo?

In caso di violenza sessuale qual è la linea di confine?

La domanda è quanto mai importante perché ha notevoli conseguenze a livello sanzionatorie, difatti il colpevole, qualora venisse riconosciuto il tentativo, beneficerebbe di una diminuzione da 1/3 a 2/3 della pena.

Sulla differenza tra violenza sessuale tentata e violenza sessuale consumata è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 17414/2016, che pronunciandosi su un ricorso contro una sentenza di condanna per violenza sessuale ha tracciato il limite tra delitto tentato e delitto consumato.

Il fatto. Un uomo veniva condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione perché dopo essersi abbassato i pantaloni mostrava alla vittima il proprio organo genitale urlandole contro frasi ingiuriose a sfondo sessuale in modo violento, e con l’ausilio di una catena, avvicinava la testa della vittima al proprio membro per costringerla ad un rapporto orale, che poi non si realizzava.

Procediamo con ordine.

Possiamo senza alcuna sorta di dubbio che la condotta dell’imputato – condannato nei due gradi di giudizio –  sia idonea a violare la libera autodeterminazione sessuale della vittima. Per questo il reato di violenza sessuale è integrato. Ma è un reato consumato o solo tentato?

La Suprema Corte ribadisce il concetto che per la configurabilità del reato di violenza sessuale è strettamente necessario che il soggetto passivo sia stato costretto a subire o a compiere un atto sessuale. Deve esserci una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale mediante costrizione.

Se la vittima non subisce o non compie in concreto l’atto sessuale, non si realizza l’evento, il che configura una violenza sessuale tentata e non consumata. Infatti, l’atto sessuale assume rilevanza penale se idoneo a soddisfare il piacere sessuale del carnefice; un contatto localizzato in una zona erogena senza che assuma rilevanza lo scopo perseguito dal violentatore (link al nostro articolo sul palpeggiamento). Per questo motivo si connoterà solo il tentativo di violenza sessuale e non la violenza sessuale consumata.

Per completezza ricordiamo il delitto tentato è un delitto incompleto; un delitto che non è giunto alla consumazione per ragioni o eventi non voluti dal soggetto attivo. La norma infatti punisce per il delitto tentato “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto […] se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”. Il riconoscimento del tentativo prevede – come detto – la riduzione della pena in caso di condanna da 1/3 a 2/3, un aspetto molto importante e sul quale un buon avvocato penalista sa concentrarsi al fine di ottenerne il riconoscimento.

La Suprema Corte di Cassazione ha dunque riconfigurato il reato inquadrandolo come violenza sessuale tentata e non già consumata, previsione che per il condannato comporterà una rideterminazione della pena in maniera a lui favorevole.

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