LA DONNA AVEVA ABBANDONATO IL TETTO CONIUGALE PER ANDARE A VIVERE CON UN’ALTRA DONNA. LA CASSAZIONE HA NEGATO L’ADDEBITO ALLA MOGLIE E HA CONFERMATO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO A SUO FAVORE.
Nel nostro ordinamento giuridico non è addebitabile la separazione al coniuge che abbandona il domicilio coniugale per l’intollerabilità della convivenza, che deve essere valutata anche da un punto di vista soggettivo come fatto psicologico prettamente individuale.
La Cassazione con la sentenza del 29 aprile 2015, n.8713, precisa che non si può parlare di addebitabilità della separazione se anche un solo coniuge, si trovi in condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere intollerabile la convivenza.
Nel caso di specie, una donna, aveva lasciato il marito a seguito di un periodo di fortissima crisi personale che l’aveva portata ad allontanarsi dalla famiglia, a frequentare altre donne e a dormire spesso lontana dal tetto coniugale. Successivamente aveva dichiarato al marito di aver scoperto di essere lesbica.
Il Tribunale di Cagliari aveva pronunciato la separazione addebitandola alla moglie per il suo comportamento palesemente contrario ai doveri coniugali, negandole di conseguenza l’assegno di mantenimento.
In Appello, la Corte mutava completamente la decisione escludendo l’addebito della separazione alla donna sostenedo che l’abbandono del domicilio coniugale era conseguenza di una oggettiva intollerabilità della convivenza da parte sua, tale da giustificare la scelta di andarsene, anche se il marito non era responsabile di comportamenti contrari ai doveri del matrimonio.
La sentenza disponeva quindi la corresponsione di un assegno di mantenimento alla donna.
Il marito ricorreva in Cassazione sostenendo che i giudici dell’appello avessero commesso un grave errore nel non cosiderare il comportamento della donna, contrario ai doveri coniugali di cui allo articolo 143 c.c. Nella ricostruzione del marito, il rapporto di coniugio, non sarebbe stato in crisi ma semplicemente la moglie aveva smesso di comportarsi secondo il dovere di fedeltà, preferendo accompagnarsi con altre donne con cui intratteneva relazioni omosessuali.
La Cassazione nel caso di specie ha respinto il ricorso e confermato la sentenza d’appello. Secondo un orientamento ormai consolidato della Corte, i fatti che rendono intollerabile la convivenza non devono essere valutati da un punto di vista meramente oggettivo; occorre infatti valorizzare anche elementi di carattere soggettivo.
Il grado di intollerabilità può cambiare ed essere percepito diversamente da ogni individuo in relazione alla propria formazione culturale, alla sensibilità, ai gusti e al contesto della vita coniugale.
La Cassazione sancisce che oltre al controllo effettivo sulla esistenza dei fatti che generano intollerabilità del matrimonio, il giudice deve considerare principalmente l’elemento della disaffezione-distacco anche solo di uno dei coniugi.
In questo contesto interpretativo la asserita omosessualità della moglie – dichiaratasi lesbica – non cambierebbe la prospettiva, poiché anzi sarebbe maggiormente evidente la intollerabilità della convivenza matrimoniale per una persona omosessuale.
In generale, sulla relazione tra addebito e omosessualità la giurisprudenza della Cassazione è oscillante in relazione al dovere matrimoniale violato. In tema di adulterio commesso dal coniuge scopertosi omosessuale, la Corte Suprema ha ritenuto che la relazione omosessuale del coniuge costituisca, al pari di quella eterosessuale, violazione dell’obbligo di fedeltà ex art 143 c.c. e motivo di addebito della separazione.